Etichetta: CitySlang
Tracce: 12 – Durata: 46:34
Voto: 10/10
Ero preoccupato perché i Calexico sono in giro da parecchio tempo e un gruppo con una storia così lunga, fatta oltretutto di sette dischi ufficiali affiancati da una decina di pubblicazioni sotterranee (live e extra tracks reperibili solo ai concerti), corre il rischio, prima o poi, di esaurire la vena creativa. Fortunatamente i singoli usciti in anticipo sull’album avevano già chiarito che per Convertino e Burns quel momento è ancora piuttosto lontano a venire. La cosa straordinaria è stata scoprire che Algiers fa addirittura di più, presentandosi come uno dei loro lavori migliori, con solo una maggiore concessione alla leggerezza che, lo sapete, da queste parti è sempre ben accolta se accompagnata dalla qualità.
Algiers è un disco splendido, morbidamente commovente nelle sue trame tex-mex e superbamente avvolgente nelle sue prelibate sequenze armoniche.
Senza abbandonare le radici folk che caratterizzavano le loro prime uscite, Calexico proseguono nella strada intrapresa con gli ultimi due lavori in studio (Garden Ruin e Carried to Dust), offrendoci generosi scampoli di pop di impronta etnica, realizzato con materiali e strutture di carattere acustico artigianalmente impiegato.
Il disco si apre con una cinquina formidabile: Epic, ovattata e sognante tra charango e armonie vocali da capogiro, Spiltter simile ma più baldanzosa e arricchita da una pedal-steel di forte impatto, Splitter in The Sea, che inizia come una ballata dai sapori cubani tanto cari a Ry Cooder per virare verso un rock quasi stoner, Fortune Teller che torna su terreni più acustici in grado di abbellire, con panorami dell’Arizona, una preghiera esile e raffinata e poi Para, il singolo uscito qualche settimana fa, superlativo esempio di calexound vicino, per certi versi alle dolenti canzoni dell’indimenticabile The Black Light.
Con un’apertura così, tutto quello che viene dopo non può che avere vita facile ma la band non si siede sulle certezze e sfodera altri momenti di grande livello, a partire dalla strumentale title track, che gioca con ritmo saltellante e un tema melodico elaborato sull’intreccio di una chitarra, della pedal-steel e della tromba mariachi fino alla inevitabile concessione vocale per il fidato Jacob Valenzuela che offre la sua consueta pagina messicana cantata in spagnolo (No te Vas) che si affianca a capolavori come Guero Canelo e Inspiraciòn.
In buona sostanza, si tratta di un disco profondo, dove nulla viene lasciato cadere dall’alto ma che nemmeno si abbandona alla facile formula di una scrittura ampiamente rodata. C’è sempre qualcosa di sorprendente e stavolta è l’immensa anima che trasuda da ognuna delle canzoni, lasciandoci ammirati ad ascoltare un gruppo che rimane prezioso nel suo inimitabile stile.
Se volete, esiste anche un’edizione limitata in doppio disco (con lieve differenza di prezzo) che comprende anche un intero CD intitolato Spiritoso, registrato dal vivo con versioni alternative di loro celebri classici oltre ad alcune delle canzoni di Algiers.
Invece a me non è piaciuto granchè…mi sembrano guardare al Dylan mid 70’s, ci ho sentito perfino echi dei Dire Straits (che non è un complimento m quasi un insulto).
Boh, proverò a riascoltare ma l’ho trovato “normalizzato”
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Tranquillo, Tony, sei più in linea tu con le considerazioni generali riguardo Algiers di quanto lo sia io.
Non sembra sia stato accolto molto bene, questo disco.
Però io sono stato anche un grande sostenitore di “Garden Ruin” che, in generale, è visto dal pubblico (ma anche dalla critica) come sabbia negli occhi.
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imprescindibile? sei sicuro?
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Io si. E’ un disco perfetto, lo spettacolo dei Calexico nella sua forma più smagliante. Lo stesso di Carried to Dust, imprescindibile anch’esso, un disco dal quale non si riesce a staccarsi per forma, struttura, leggerezza, emotività e purezza.
Perché, tu hai qualche dubbio?
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lo sai, a me fanno l’effetto che a te fanno i gioielli di Dior. 🙂
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Lo so… e infatti non puoi avere opinioni su qualcosa che non ti piace. Non ti piace e basta, e va bene.
Chi apprezza il rock-mariaccio, invece, deve sapere che questo disco è… imprescindibile. Poi, ribaUdisco: altre fonti ne parlano come una totale debacle… ma la solita storia: ora i Calexico li conoscono in troppi, quindi non sono più fighi! 🙂
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L’ho ascoltato oggi per la mia volta e mi piace parecchio nonostante non sia un gran estimatore del rock-mariaccio.
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RibaDISCO: Gelb ha fatto un disco più Calexico e ancor più bonito 😛
Comunque, pur non condividendo il 10 in pagella e pur non essendo fan di Garden Ruin e Carried to dust, condivido le tue argomentazioni. La scrittura e l’attenzione alle sfumature fanno centro pieno. Secondo me Algiers è la sublimazione del Calexound (:D)…questo ha ovviamente dei pro e dei contro 😉
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Dimenticavo: il disco dal vivo è splendido.
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Bellissima recensione, fantastico disco
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Sei stato tu a farmi conoscere anni fa i Calexico e di questo ti sarò per sempre riconoscente. Anche quest’ultimo è bellissimo come il cd “Spiritoso”che lo accompagna.Non mi meraviglia il tuo 10,anzi lo condivido.
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“La cosa straordinaria è stata scoprire che Algiers fa addirittura di più, presentandosi come uno dei loro lavori migliori…”
condivido in pieno.
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