Etichetta: AreaPirata(CD)/Psychout Rec.(LP)
Tracce: 20 – Durata: 110:50
Genere: Psichedelia
Voto: 8/10

Solo a pronunciare il nome dei No Strange si evoca un universo coloratissimo di psichedelia e di mondi lontani, che la formazione piemontese affronta oggi con Armonia vivente tra analogie e contrasti utilizzando la stessa lucida minuzia usata nella loro prima stagione anni ’80 quando si fecero notare per alcune registrazioni coraggiose e filologiche volte a riportare in vita le sonorità sperimentali che furono materia prima dell’ondata più creativa della musica europea a cavallo tra gli anni ’60 e ’70.
Salvatore “Ursus” D’Urso è forse uno dei maggiori conoscitori in materia: è appassionato e cultore dell’epopea Beat e ha seguito con particolare dedizione le maturazioni di un genere musicale giunto a una evoluzione creativa in equilibrio tra l’aspetto sperimentale e quello più specificamente cerebrale. La psichedelia cui si ispirano i No Strange ha solo lontane (e dichiarate) ispirazioni con quella di maestri come Pink Floyd e Ash Ra Tempel ma più che altro cerca di andare oltre, proponendo una lettura che non possa confondersi con uno sterile esercizio revival ma che metta il seme per una scuola modernissima, capace di confrontarsi coi suoni e le culture di altri paesi ed altri Credo.
Con il fidato Alberto Ezzu, Ursus stavolta propone un disco (in un coraggioso quanto perfetto formato in doppio album) che divaga nelle varie espressioni consentite da un progetto come questo e prova a completare l’opera con richiami letterari e mistici, senza rinunciare ad infilare, in mezzo a composizioni eteree e molto lunghe, anche alcune canzoni dal sapore più direttamente Beat (Il burattino di un’altra commedia), momenti di interludio etnico/contemplativo (Analogie) ed altri figli della New York warholiana degli anni 60 (Rainbow, Tribe From Another World).
Quello che sorprende più di ogni cosa è la capacità dei No Strange di risultare credibili in ogni passo, smuovendo la nostra curiosità, elaborando sonorità piluccate in giro per il mondo, usando strumentazioni arcaiche e bizzarre e portando sempre tutto ad un risultato finale tutt’altro che ostico.

Un gruppo importante per la storia della nostra musica pop che, come spesso accade, ha molti più seguaci all’estero di quanti ce ne siano in Patria (dove comunque godono di un supporto massiccio di appassionati).
A me rimangono due punti fermi: il primo è l’orgoglio di essere (da sempre) parte di questa schiera di estimatori, il secondo è la speranza di vedere allargarsi sempre più il bacino di utenza di una band così fuori dagli schemi, illuminata e coraggiosa. 

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