ofidiofobia-redesignÈ uscito in questi giorni per KLM, subetichetta della fidata Kutmusic dedita alla musica per sonorizzazione, un mio nuovo disco che si intitola Ofidiofobia che nasce da quella che è probabilmente la fobia più accentuata da cui sono affetto.
Ho imparato questa parola molto presto perché la patisco da che io ricordi. Per dire, mi blocco in una specie di stato di trance al cospetto di qualsiasi rettile, tanto che sia una lucertola che un cobra. Se volete la misura del mio stato, vi basti sapere che ho passato quattro estati in un appartamento con le finestre chiuse, nonostante le temperature equatoriali, perché nel delizioso giardino che lo circondava faceva banchetto di insetti una famigliola di gechi. Chiaro il concetto?
Allo stesso modo, e nella follia di tutte le più inconsce psicosi, subisco per i rettili una specie di perversa attrazione quando è possibile osservarli dietro la protezione di uno schermo. Non mi perdo un documentario in cui se ne descrivano le abitudini e le pericolosità, so tutto dei draghi di komodo e delle bisce, conosco le differenze tra SauropsidaTheropsida e provo una specie di brivido nell’osservare questi innocenti (vabbè, non proprio tutti) esseri, nella consapevolezza di non saperli affrontare nella realtà.
Quando tempo fa mi sono messo a lavorare per un nuovo lavoro discografico, volevo realizzare qualcosa di evocativo e misterioso e, mentre lo facevo, ho capito che mi sarei dovuto ispirare a qualcosa di forte. E l’ofidiofobia è probabilmente la più evidente delle cose forti del mio intimo.
Sono usciti nove brani, ognuno è nato dalla suggestione diretta di questo timore. Non vi dico altro, così se vi andrà di ascoltarlo potrete dirmi se sono riuscito in qualche maniera a trasmettere quello che provo.
È musica elettronica, tendenzialmente di carattere acusmatico, niente di particolarmente “pop”, che si basa sulla mia costante ricerca in questo ambito. Ho lavorato principalmente con il computer, elaborando suoni campionati, aggiungendo alcuni temi tonali attraverso dispositivi più tradizionali come tastiere, tablet, theremin e sound-loops. Dentro ci sono “sample” presi da dischi di Dire Straits, Peter Hammill, John Surman e forse qualche altro che non ricordo.
Basta. Non ricordo chi disse “se devi parlare troppo di una musica, significa che non parla a sufficienza da sola, come dovrebbe”, però aveva ragione. Quindi… lasciamola parlare. E fatemi sapere.