Etichetta: Domino
Tracce: 12 – Durata: 71:11
Genere: Alt Rock
Sito: john-cale.com
Voto: 8/10
Tra poco più di un mese John Cale compirà 81 anni, un dato anagrafico fondamentale per contestualizzare la recensione del suo nuovo Mercy perché, al netto di qualche punto debole, è un album brillantemente fresco, moderno e sorprendente se pensiamo che l’ha prodotto un artista ottuagenario che avrebbe tutti i diritti di ritirarsi e godersi la pensione.
Se in anni recenti abbiamo ascoltato molti lavori eccellenti firmati da musicisti “anziani”, l’ex Velvet Underground ha fatto un passo ulteriore perché, pur essendo un artista di nicchia (rispetto Bob Dylan o Paul McCartney solo per citarne due clamorosi), ha scelto di dimostrare di essere lucidamente in grado di fare la differenza.
Sì, perché in questa occasione non spinge troppo sulla sperimentazione appellandosi piuttosto a un indie rock dai contorni moderni, realizzato con il contributo di alcuni musicisti della scena attuale come Weyes Blood, Tei SHi, Animal Collective, Sylvan Esso e molti altri discepoli. John Cale è cosciente di essere stato un faro per molti artisti delle generazioni successive alla sua ma ha sempre avuto anche l’onestà intellettuale di riconoscere il valore di coloro che dopo di lui hanno contribuito a mantenere alta l’asticella della musica pop.
Volendo proprio trovare un punto debole, possiamo dire che Mercy è un po’ troppo lungo e che l’atmosfera sognante e intrinsecamente psichedelica dei 12 brani in scaletta, tende a rendere l’ascolto un tantino impegnativo. Eliminando un paio di brani avremmo avuto un album meno gravoso anche se comprendo la difficoltà di scegliere i brani da eliminare tra dodici dalle qualità pressoché equivalenti.
L’atmosfera generale è malinconica e onirica; talvolta fa venire alla mente gli album più introspettivi di The Blue Nile, con la voce che ricorda quella dolente di Paul Buchanan, tanto nella timbrica quanto nell’intenzione.
La narrazione pigia anche sul tasto della nostalgia e, qui e là, appaiono i fantasmi di amici inestimabili come Lou Reed, Sterling Morrison e Andy Warhol ma anche David Bowie e Nico a cui sono esplicitamente dedicate Night Crawling e Moonstruck (Nico’s Song).
Il disco sposta spesso le sue intenzioni e prende dalla storia gli appunti da applicare alle nuove direzioni e, a ben guadare, è proprio questo insistente ondeggiamento tra passato e presente, tra ricordi e intuizioni, tra rimpianto e imprevisto a rendere Mercy un’opera unica ed emotivamente straordinaria in grado di partire per un proficuo viaggio nel futuro.