Evelyn EvelynEtichetta: Eleven / 8Ft. Records
Tracce: 12 – Durata: 54:15
Voto: 4/10  

Due sorelle siamesi, unite per l’eternità per un fianco, condividono tre gambe, due braccia, due cuori, tre polmoni ed un solo fegato. Sono nate nel 1985 in una piccola fattoria del Kansas e i genitori, per un gioco un po’ bislacco, hanno dato ad entrambe lo stesso nome: Evelyn.
Gli anni della loro infanzia sono un po’ oscuri. Si sa che sono rimaste orfane molto presto, quando la madre morì per un incidente sul lavoro, e che a undici anni esordirono nel Dillard and Fullerton’s Traveling Circus mettendo in luce notevoli doti di canore.
Quella vita, però, andava un po’ stretta ad Evelyn ed Evelyn Neville e, dopo cinque anni, decisero di abbandonare il mondo circense per tentare una carriera come musiciste con i consueti primi passi: registrazione amatoriale di un demo, apertura di una pagina MySpace e piccole esibizioni in localini alternativi di New York.
Come nelle migliori favole, le canzoni finiscono casualmente all’orecchio di Amanda Palmer (The Dresden Dolls) che perde letteralmente la testa per loro e coinvolge l’amico Jason Webley nell’idea di produrre un album vero e proprio di Evelyn Evelyn.
Nel 2007 vedono così la luce un 45giri con tre canzoni, stampato in vinile colorato, ed un EP (Elephant Elephant) stampato in 1111 copie per l’etichetta indipendente di Webley (11 records). Nel booklet del disco Amanda and Jason raccontano la storia di come hanno conosciuto le gemelle Neville e di come hanno registrato il disco. In allegato anche un adesivo che raffigura una coppia di elefanti siamesi, simpaticamente battezzati Bimba & Kimba.
Il disco andò letteralmente a ruba e le due Evelyn, che ormai avevano iniziato a distinguersi come Eve e Lyn, iniziarono a esibirsi in club sempre più esclusivi, interessando critica e opinione pubblica.
Cynthia Von Buhler sta ultimando le tavole di una toccante graphic novel con la loro storia (uscirà alla fine dell’anno per la Dark Horse Press) mentre la 8 Feet Records s’è assicurata la distribuzione del primo full length album, uscito alla fine di marzo, che ha permesso a Eve e Lyn di andare in tour per tutti gli Stati Uniti e in Europa.
Siete scioccati? Toccati? Perplessi?
Tranquilli, non c’è nulla di vero. La storia delle gemelle siamesi è frutto della fantasia di Amanda Palmer che ha deciso di mettere insieme la sua passione per le atmosfere dickensiane inventandosi questo teatrino surrealista a metà strada tra Terry Gilliam, Tim Burton e Tod Browing.
Ed è lei stessa, assieme al complice Jason, buskers di lungo corso piuttosto incline a teatralità di questo genere, a portare sul palco le Neville. Sul palco i due interpretano Eve & Lyn, costretti in un costume che permette loro di usare una mano a testa. Lo show, un grottesco insieme di punk, circo, horror e cabaret, mette in scena uno spettacolo di canzoni sorretto da due sorelle siamesi in grado di suonare tutto, dall’ukulele alla chitarra, dal piano alla batteria.
Fatto questo preambolo, suppongo non sia difficile lasciarvi immaginare il contenuto del disco.
Si tratta di una raccolta di pezzi di rockabaret estremo intrisi del noto cattivo gusto di marca Dresden Dolls, ma con anche qualche nota non del tutto immonda, soprattutto nelle parti più romanzate (Evelyn Evelyn, Sandy Fishnets…). Più fastidiosa – o comunque meno riuscita – la componente bobfosseiana di certi intermezzi (Elephant Elephant, A Campaign Of Shock And Awe…) e decisamente insostenibili i recitativi di The Tragic Events Part 1, 2 e 3.
La componente Freak non è che l’inevitabile tassello per completare un puzzle che, purtroppo, sembra avere davvero poche componenti ironiche. O meglio, forse ne ha ma rimangono sempre insistentemente nell’ombra. Come se la sceneggiatura tra farsa e operetta non riuscisse a liberarsi di una pesantezza da teatro d’avanguardia che non si addice alla burla.
A lasciarci qualche barlume di speranza per una chiave di lettura meno rigorosa, c’è la presenza di “Weird Al” Yankovic al quale tutto si può dire tranne che prenda il suo lavoro troppo seriamente.
Oltre a lui, nel disco appare un numero cospicuo di ospiti vocali, tutti concentrati in una sola traccia (My Space), tra i quali spicca Frances Bean “la figlia di Kurt” Cobain che esordisce in questo modo nel mondo della musica. Complimenti!
In chiusura, sebbene io sia giunto alla conclusione che le cover di Love Will Tear Us Apart andrebbero proibite dalle Convenzioni di Ginevra, ne appare una per ukulele che non è male.
In generale, comunque, un album di rara inutilità.