prisoners_MSEtichetta: Own-Up
Tracce: 14 – Durata: 44:16
Genere: Pop Rock, Psych/Garage
Sito: Facebook
Voto: 7/10

Non so cosa vi aspettate dal nuovo disco che James Taylor, Allan Crockford, Graham Day e Johnny Symons hanno pubblicato riaccendendo il moniker The Prisoners ma… posso dirvi con certezza che Morning Star è un album dignitosissimo, capace di mandare in brodo di giuggiole tutti gli appassionati di quel garage/rock/mod revival di cui la band è stata una delle principali colonne negli anni ’80, senza chiedere in cambio nulla se non di… alzare un po’ la manopola del volume.
Di ritorno anche discograficamente, dopo che qualche sporadica reunion si era consumata nel corso degli anni, un disco dei Prisoners non usciva dal 1986 (anno di In From The Cold) ed è davvero curioso come queste quattordici canzoni riescano alla perfezione a rimettere in scena lo stesso gusto, la stessa passione e lo stesso senso di nostalgica euforia di allora.
Non so (e non credo) che il quartetto abbia in mente di fare nuovi adepti tra il pubblico giovane ma sono certo che qualcuno lo troveranno di sicuro perché la loro musica ha il sapore del sempreverde, nella brillante capacità di evocare quel momento degli anni ’80 in cui molti teenager scoprivano le sonorità degli anni ’60. Detta così, sembra un manifesto delle intenzioni dei Prisoners la cui musica si insinua in una fascia senza tempo in cui è sufficiente lasciarsi cullare dalle note di questi vecchi strumenti analogici per accorgersi quanto ancora sappiano ruggire e divertire.
La chitarra e la voce solista di Graham Day sono ancora fresche e squillanti, sempre innamorate di The Who (Going Back e Break This Chain sfiorano il plagio) mentre l’accoppiata Crockford/Taylor, rimasta legata anche per un periodo successivo nel James Taylor Quartet, svela una complicità ancora formidabile con i tamburi di Symons.
Quattro ragazzacci sulla sessantina venuti a farci sapere che i concetti di libertà,  indipendenza e fedeltà, magari non ti consentono di comprare un loft a New York ma ti concederanno sempre di guadagnare con quello che più di tutto ti fa divertire. E a noi, da questa parte del giradischi, sicuramente insegna che, anche se quarant’anni sono un po’ tantini… a volte vale davvero la pena aspettare.