Flowers in the DirtArtista: Paul McCartney
Etichetta: mpl / EMI
Anno: 1989

 
Trentacinque anni fa ero senza un lavoro; era fallita l’azienda presso la quale ero occupato.
Con l’incoscienza della gioventù, sebbene non fossi già più un ragazzino, la cosa non mi faceva preoccupare troppo. “Troverò qualcos’altro -pensavo- magari qualcosa più in
cline alla mia personalità”.
Successe che, verso la fine di ottobre 1989, arrivò una convocazione particolarmente attesa e dopo il ponte di ognissanti sarei stato di nuovo in un ufficio. Lo stesso tipo di lavoro fatto fino ad allora, niente di “più incline alla mia personalità” ma, sapete come si dice, in certe circostanze non si vanno a guardare i dettagli.
Solo allora mi resi conto di essere stato davvero preoccupato e di provare, alla luce delle novità, una debordante serenità e così, dopo aver ricevuto la telefonata che mi annunciava l’assunzione, la radio cominciò a suonare My Brave Face di Paul McCartney.
Sarà stato il momento, sarà stato che Macca dopo lo scioglimento dei Wings non era più riuscito a smuvere il mio interesse ma… rimasi folgorato. Più che McCartney, pensavo, sembra Elvis Costello.
Solo più tardi avrei capito che l’impressione non era campata in aria.
Avevo un po’ di adrenalina in eccesso e decisi che avrei dovuto festeggiare. E voi conoscete un modo migliore di festeggiare di andare in un negozio di dischi e spendere tutti i soldi che si hanno in tasca? Oddio, col senno di poi e con la maturità raggiunta, a me oggi verrebbe da rispondere sì ma… allora di modi migliori non ne conoscevo.
Immaginatevi la scena: fine ottobre, mattina ore 8:30, un po’ di nebbiolina e la temperatura che sta pian piano assumendo i valori dell’autunno. Mezz’oretta per arrivare in centro, al negozio di fiducia.
Gli acquisti furono: Cosmic Things di The B-52’s, Puta’s Fever dei Mano Negra e Flowers in the Dirt di Paul McCartney.
My Brave Face m’era rimasta talmente impressa che la consideravo un po’ l’inno di quei giorni. Oltre a ciò, il titolo mi si addiceva anzichenò. Con un piccolo dispiacere, fui costretto a comperare la versione in cassetta, dal momento che l’LP era esaurito e di CD si parlava ancora come di una cosa elitaria. Poco male. La cassetta, rispetto al disco, aveva un piccolo vantaggio: ti permetteva di ascoltare il tuo nuovo acquisto molto più in fretta. Bastava avere un walkman o, come nel mio caso, un buon impianto stereo in auto.
La Y10 era formidabile e prima ancora di scegliere il colore, decisi quale autoradio avrei installato. Sicché, fuori dal negozio, strappai il cellophane della cassetta e scorsi le note di copertina. Ben quattro canzoni erano scritte assieme a Declan MacManus che sarebbe cioè proprio Elvis Costello. Tra queste anche My Brave Face. Mi complimentai con me stesso per averne riconosciuto il tocco all’istante. Infilai Flowers in the Dirt nella fessura delle cassette e My Brave Face iniziò a suonare a tutto volume. Presi una strada di campagna e restai in giro per luoghi semideserti, un po’ umidi e assonnati fino all’ora di pranzo. L’autoreverse mandava a ripetizione l’album e mi ritrovai a riconoscere che si trattava di un disco molto più che buono. Era eccellente.
Non si ha mai la percezione della reale qualità di un’opera la prima volta che la si ascolta ma, con Flowers in the Dirt ebbi l’impressione di star ascoltando qualcosa che sarebbe rimasto nel tempo.
Oltre che per me, era un buon momento anche per McCartney e il suo nuovo disco lo dimostrava. Tra le altre cose era anche finalmente giunto il momento di riappropriarsi delle canzoni scritte ai tempi dei Beatles che per molti anni gli erano state negate, con conseguente voglia di tornare a suonarle anche dal vivo (il colossale triplo LP Tripping The Live Fantastic, uscito l’anno successivo, ne è la prova lampante).
E infatti il tour di quell’anno fu tra i migliori di sempre e questo grazie non solo alle vecchie canzoni dei fab4 finalmente tornate in scaletta, ma anche alle nuove composizioni dell’album in promozione.
Flowers in the Dirt contiene chicche straordinare come This One, ballata dall’andamento psichedelico che non avrebbe sfigurato nell’album di The Stone Roses, la vera grande rivelazione di quell’anno e I Want her Too, altro pezzo scritto con Costello che in quest’occasione appare anche alla voce in un duetto memorabile.
Don’t Be Careless Love (sempre scritta con Costello) è una ballata stile Wings che fa la sua ottima figura nella tracklist mentre Distraction e Put it There rimettono i puntini sulle i, riguardo uno dei più grandi compositori di canzonette di tutti i tempi.
Figure of Eight, che apre la facciata B, è un rock energico e nervoso che, nella miglior tradizione di Paul, non riesce mai ad uscire dai ranghi del buon gusto riuscendo a diventare un brano di grandi capacità pop. Nonostante questo, il singolo non andrà oltre la 42esima posizione della classifica.
L’album invece raggiunse il numero uno. A Paul non succedeva dai tempi di Pipes of Peace del 1983.
Immagino che fu proprio questo generale calo di interesse per la sua opera che permise a McCartney di prendersi la soddisfazione di realizzare un disco di così grande spessore, senza dover a tutti i costi rendere conto a qualcuno.
E l’album era davvero formidabile.
La band era di prim’ordine: Hamish Stuart (Average White Band) e Robbie McIntosh (The Pretenders) alle chitarre, il grande Chris Whitten alla batteria e Paul Wickens che coadiuvava Linda McCartney alle tastiere.
Nei pezzi da lui scritti, suona la chitarra acustica anche Elvis Costello e David Gilmour suona un magnifico assolo su We Got Married.
Tra gli altri collaboratori spiccano Trevor Horn, Mitchell Froom, Steve Lipson, Chris Huges e moltissimi altri.
Flowers in the Dirt, tra le altre cose, è l’album per il quale Macca decide di spolverare lo storico basso Hofner, col quale se ne andrà in tour e dal quale non si separerà mai più.
 
 

Track listing

1. My Brave Face
2. Rough Ride
3. You Want Her Too
4. Distractions
5. We Got Married
6. Put It There
7. Figure of Eight
8. This One
9. Don’t Be Careless Love
10. That Day Is Done
11. How Many People
12. Motor of Love
13. Ou est le Soleil – (Solo sulla Cassetta e -più tardi- nel CD)

Dettagli
Durata: 53 min.
Contributi di: David Gilmour, Elvis Costello, Trevor Horn
Distributore: EMI Music Distribution
Recording type: StudioRecording mode: StereoSPAR Code: n/aAlbum notes

Personale:
Paul McCartney (vocals, bass, guitar, tambourine, percussion, synthesizer, celeste, sitar, harmonium, mellotron, flugelhorn),
Elvis Costello (vocals, keyboards),
Hamish Stuart (guitar, vocals),
Robbie McIntosh, David Gilmour (guitar),
David Rhodes (e-bow guitar),
Judd Lander (harmonica),
Chris Davis, Chris White, Dave Bishop (saxophone),
Guy Barker (trumpet),
John Taylor, Tony Goddard (cornet),
Ian Peters (euphonium),
Ian Harper (horn),
Nicky Hopkins (piano),
Greg Hawks, David Foster, Mitchell Froom, Trevor Horn (keyboards),
Steve Lipson (bass, programming, guitar),
Dave Mattacks (drums),
Chris Whitten (drums, percussion, tambourine),
Chris Hughes, Peter Henderson (programming),
Linda McCartney (background vocals, miniMoog).

Producers: Paul McCartney, Mitchell Froom, Neil Dorfsman, Trevor Horn, Steve Lipson, Elvis Costello, David Foster, Chris Hughes, Ross Cullum.

Engineers: Neil Dorfsman, Steve Lipson, Geoff Emrick, Arne Frager, Jon Kelly, Jon Jacobs, Peter Henderson, Tchad Blake, Ross Cullum.

All songs written by Paul McCartney except “My Brave Face”, “You Want Her Too”, “Don’t Be Careless Love” and “That Day Is Done” (McCartney/MacManus).