iggyloser_LPEtichetta: Gold Tooth Records / Atlantic 
Tracce: 11 – Durata: 36:57
Genere: Rock
Sito: https://everyloser.iggypop.com 
Voto: 7/10

Possiamo dire tutto su Iggy Pop. E chiunque può farlo: ha attraversato talmente tante generazioni di appassionati da lasciare un segno indelebile in ognuna di esse fino a renderlo il più fulminante outsider della musica pop. Passato dalle derive più scombinate del primordiale punk rock fino a collaborazioni sorprendenti (da Goran Bregovic a Ryuichi Sakamoto, da David Bowie a Peaches fino ai “nostri” Zucchero e Maneskin), il settantacinquenne James Newell Osterberg Jr. non mostra segni di cedimento. Il periodo di calo, che lo ha costretto una decina di anni fa a un paio di dischi di cover mediamente inutili, sembra passato e l’iguana si è ripresa in mano il suo personaggio più credibile per affrontare nel migliore dei modi la sua storia e la sua forza espressiva.
Every Loser non è sicuramente il disco che lo tramanderà ai posteri; è un tantino telefonato, a differenza degli ottimi due precedenti (Post Pop Depression e Free) è un lavoro vagamente prevedibile, senza grandi guizzi di innovazione ma sicuramente onesto e divertente, così come dovrebbe essere ogni disco di rock’n’roll.
iggyloser_cdLa sua voce, profonda e iconica, è lì al suo posto e fa il lavoro sporco. Andrew Watt (classe 1990!) lo produce con la riverenza di chi chi sa dove deve arrivare e ne realizza un pacchetto di squisita ruvidità, patinata quel tanto che basta per acchiappare anche i ragazzi che hanno visto il nome di Iggy solo lo scorso anno a fianco a quello dei Maneskin. Watt scrive con Iggy quasi tutti i brani e suona anche la chitarra, il basso, le percussioni e varie tastiere e poi chiama in studio un gruppo di turnisti “illustri” perfetti per il ruolo: Chad Smith (dei RHCP), Chris Chaney, Dave Navarro e Eric Avery (dei Jane’s Addiction), Travis Barker (dei Blink 182), Duff McKagan (dei Guns’n’Roses), Stone Gossard (dei Pearl Jam) e molti altri, tra cui anche il compianto Taylor Hawkind dei Foo Fighters nella sua ultima apparizione su disco.
Iggy dosa bene i distorsori (Frenzy, Modern Day Ripoff…) con le chitarre acustiche (My Animus, Morning Show…) e propone un pacchettino che non riesce a deluderci nemmeno quando ci accorgiamo del compitino-ben-eseguito al servizio di una fanbase tanto policromatica quanto spietata. Eppure, eccolo lì: la sua figura rimane intatta, perfetta, incontrastata. Un musicista che ha imparato la rabbia dalla strada e ha saputo farne un mestiere con la consapevolezza di non dover e non poterne mai farne un dogma. E così, anche quando gli esce un disco come questo… la nostra tendenza ad alzare il ditino che scova i difetti tra le tracce, viene sopraffatta proprio da quegli stessi difetti che sono la chiave per farci amare -ancora un po’ di più- il più formidabile performer vivente del rock’n’roll.

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